La sovversione delle forme e il linguaggio del colore di Fulvia Monguzzi, in arte Miss Goffetown.
Da sempre ci piace rappresentare i progetti che attraverso il lavoro esprimono la propria visione del mondo e molto spesso abbiamo trovato questo valore nella categoria degli illustratori.
Fulvia Monguzzi, in arte Miss Goffetown riesce a regalarci il suo sguardo sul mondo, ma con la sua irriverenza ci fa soprattutto riflettere, toccando aree poco esplorate delle nostre debolezze e riportandole alla luce in maniera imprevista. Sovverte le forme per farne qualcosa di completamente inaspettato. Le sue composizioni sono sperimentali e ambigue, ma è esattamente ciò che le rende eccitanti e sincere.
Di prassi dovremmo presentare un artista partendo dal suo percorso accademico, ma con Miss Goffetown, non si parte mai dall’inizio, si lascia spazio alle emozioni, accogliendo la moltitudine di lavori che incessantemente produce.
Le abbiamo fatto alcune domande per conoscere meglio il suo lavoro e cosa significa essere un artista oggi in Italia.
Ti sei formata all’accademia di Brera dove studiavi scultura. Poi ti sei avvicinata a forme espressive più veloci e “leggere”. Quando hai deciso di dedicarti all’illustrazione?
Finita l’Accademia ho iniziato a fare diversi corsi con dei bravi illustratori. In quegli anni sperimentavo molto e il mio primo lavoro è stato un libro per bambini sul tema della paura che ho realizzato con tecnica mista. Mi piace sentirmi libera di prendere le mie decisioni creative per far passare il mio essere e i miei pensieri attraverso la mia arte, non mi sento a mio agio con i compromessi. Ultimamente uso molto gli acrilici e sto approfondendo il linguaggio pittorico.
Ci vuole molta sensibilità e curiosità per osservare il mondo e raccontarlo con un’ironia garbata, che ci fa sorridere e guardare con occhi diversi l’amore, l’erotismo, lo stare insieme, e i piccoli gesti quotidiani. Ci vuole molto esercizio per imparare ad osservare e reinterpretare la realtà.
Non credo nell’ispirazione ma credo nella costanza e nell’esercizio. Io sto molto ferma, fumo, guardo e prendo appunti; il mio carattere introverso non mi porta a parlare molto, ma osservo tutto. Penso che l’artista abbia un importante ruolo sociale perché fa emergere domande o pensieri che magari nel tuo quotidiano non ti faresti.
Facendo un giro tra i tuoi innumerevoli lavori sembra che per te produrre sia una necessità quotidiana, insaziabile. Come pensi che l’arte possa influenzare la nostra quotidianità?
Per me nessun disegno può essere l’ultimo disegno. L’arte ha il compito di intromettersi nel tram tram della vita quotidiana e in un certo senso sfasciarla, rendere visibile non l’invisibile, ma quello che è già sotto i nostri occhi e che io prendo e riscrivo, raccontandolo con il mio linguaggio pittorico, immediato, fresco, sovranamente infantile. È il mio modo di stare al mondo, vivendo di tanti piccoli oggi.
Hai collaborato con tante case editrici indipendenti, associazioni e artisti come Gio Pastori, Elenia Beretta o Giuditta Aresi e tanti altri. Quanto è importante confrontarti con altri artisti e condividere il tuo lavoro?
Le collaborazioni e il confronto sono sempre molto importanti per poter crescere e mantenere uno sguardo elastico. Anche per questo è nato Spazio Martin con Francesco Pizzorusso, architetto, e Roberto Aponte, designer. È un luogo dove ognuno di noi può svolgere la propria professione e contemporaneamente è una finestra, uno spazio dove presentare il lavoro di altri artisti aprendo discussioni e dibattiti sull’arte e il sistema dell’arte.
INTERVISTA DI GIORGIA PINOTTI
per scoprire di più sul lavoro di miss goffetown e sul nuovo progetto milanese spazio martin: