Scelti da: Valeria Fioretta Gynepraio
Il binomio maternità e lavoro è da sempre un argomento importante per noi, forse perché il nostro staff è composto solo da donne appassionate al loro lavoro, ma che amano anche l’idea di crescere un figlio senza rinunce, condividendo piuttosto soddisfazioni e sfide con lui. Non sempre è facile ammettere a noi stesse e agli altri che ciò è estremamente faticoso, che talvolta ci viene voglia di rinunciare a tutto e di urlare al mondo che non ce la faremo mai. Ma poi alla fine ce la facciamo sempre, ce la fanno tutte, rinunciando all’idea della perfezione e rassegnandoci al fatto che non esiste un modo giusto per essere una brava mamma, esistono solo mamme che ci provano, giorno dopo giorno, al meglio delle loro possibilità.
Ma questo non ce lo insegnano, o meglio, non ce lo insegnavano prima dell’arrivo di Valeria Fioretta, del suo blog e dei suoi podcast “Genitori onesti”, nati durante il lockdown, dove Valeria cerca di condividere un ritratto della genitorialità onesto, piuttosto che quello romanzato a cui ci hanno abituate.
Valeria Fioretta è una marketing manager e scrittrice e dal 2013 gestisce il seguitissimo blog www.gynepraio.it, dove scrive di relazioni, shopping e ora anche di maternità.
Abbiamo fatto due chiacchiere con lei a proposito di acquisti, stile di vita sostenibile e del suo lavoro; ecco la terza intervista della nostra nuova rubrica “ scelti da”.
Molte persone pensano che non sia possibile costruire una brillante carriera, prendersi cura di sè, essere un buon genitore e “avere il tempo” di fare tutto ciò mantenendo uno stile di vita sostenibile, inteso come ritorno alla semplicità, alla qualità, all’attenzione verso gli altri e verso il mondo.Tu come ci sei riuscita?
Penso di avere ancora molta strada da compiere, soprattutto per quanto riguarda l’attenzione verso gli altri e il mondo. Io ho cambiato vita un anno e mezzo fa spinta da un moto prevalentemente egoistico: avere un’esistenza che rispettasse i miei ritmi, mi lasciasse esprimere e mi rendesse meno insopportabile (leggi: lamentosa, svogliata, frustrata) ai miei propri occhi. Non mi vergogno di ammetterlo, e continuo a pensare che, entro un certo limite, le scelte finalizzate ad “autoconservarsi” o preservare la propria felicità rimangano sempre le migliori, le meno criticabili.
Se sul soddisfare me stessa potrei aver centrato l’obiettivo, credo che ancora mi tocchi restituire questo benessere a chi mi circonda, congiunti e non.Il mondo sta vivendo un grande cambiamento, la sensibilità e la percezione delle persone sta cambiando e anche il ritorno alla ricerca della qualità sta diventando un valore sempre più forte.
Quali caratteristiche deve avere un oggetto per entrare a far parte della tua vita?
Sono molto superficiale: io non sopporto le cose brutte e quelle malfunzionanti. Specialmente se si tratta di oggetti che devo vedere ogni giorno (=un pigiama) o che stanno molto esposte (=i mobili), provo autentica sofferenza se essi mi offendono la vista. Non significa che possieda solo oggetti di qualità, di grande valore o selezionati con rigore estetico (anche perché non posso dedicare la stessa attenzione alla scelta di un divano o di un taccuino!), ma nel dubbio mi tengo su uno stile sobrio: ho notato che i colori troppo accesi mi innervosiscono, quindi preferisco limitarli.
In generale, evito gli oggetti pacchiani e rumorosi: ad esempio detesto la quasi totalità dei giocattoli alimentati a pile, che di solito possiedono entrambe queste caratteristiche!
Per lo stesso motivo, riparo o sostituisco rapidamente ciò che non funziona o è malconcio, senza procrastinare troppo.
Ti abbiamo chiesto di scegliere 4 oggetti dal nostro shop, ci dici brevemente cosa ti ha catturato di questi oggetti?
Vaso Bóra di Goodwaste: amo i vasi e ho un sacco di fiori secchi in giro per casa. Il bianco è il colore che prediligo per gli oggetti di décor.
Tisana Remedium “Morning” di Wilden Herbals: mi solleticava l’idea di bere una tisana appena sveglia per mantenermi attenta e vigile, mentre di solito bevo tisane nel pomeriggio o la sera.
Secchiello Kai di Vicus pelle: amo il colore del cuoio naturale e vorrei imparare a indossarlo di più! Anche il secchiello è un formato che apprezzo tantissimo ma sfrutto poco, chissà mai perché?
Ciotola Colosseo di ùtol ceramiche: il tris di ciotole è particolare, in più la mia cucina è tutta bianco opaco quindi sarebbero ideali da esporre.
Qual è l’aspetto del tuo lavoro che ti fa sentire più orgogliosa, che ti fa pensare che hai lasciato il segno?
Qual è l’aspetto del tuo lavoro che ti fa sentire più orgogliosa, che ti fa pensare che hai lasciato il segno?
La fiducia della community, che non stimolo come dovrei e vorrei ma che nonostante tutto resta, si rinnova e manifesta gratitudine.
Qual è il consiglio che vorresti dare a chi decide oggi di iniziare un nuovo progetto, che sia un progetto o una sfida personale?
Di spezzare la macroquestione in microtask, e stimare per ognuno di esse la reale difficoltà: è un suggerimento banale, ma cambia completamente la prospettiva.
Di chiedere aiuto, a tante persone, a ognuna secondo capacità e possibilità, prediligendo quelle che sono arrivate a un punto di sviluppo o di successo al quale vorremmo arrivare anche noi. Si può chiedere aiuto con onestà: “aiutami a fare come te” è un modo trasparente per ammettere la difficoltà e manifestare gratitudine
Una cosa che ho capito è che molte volte ci ritroviamo soli perché cerchiamo e troviamo informazioni, ma non sappiamo digerirle e quindi percepiamo le difficoltà come più grosse di quello che sono realmente.
Ad esempio, da quando ho ridotto il mio regime fiscale a un excel, con l’aiuto di un’amica commercialista che mi ha regalato un’ora del suo tempo, per me la contabilità ha smesso del tutto di essere un problema.
Infine, suggerirei di valutare dei supporti professionali: un* orientatore o orientratrice, un* consulente, un* coach, un* espert*, qualsiasi figura possa apportare del valore aggiunto al progetto cui stiamo lavorando. Qualsiasi costo, per mia esperienza, ha un forte potere motivante per il solo fatto di essere un costo, ancor prima che per il beneficio che è in grado di generare.