Quando la carta stampata diventa la voce del sottosuolo
Intervista a CTRL, Magazine online e progetto editoriale indipendente bergamasco
L’editoria indipendente è la testimonianza preziosa di un momento storico e della società stessa, perché grazie proprio alla sua radice indipendente essa non si ferma davanti a convenzioni ed etichette, ma ha lo scopo di andare dritto al sodo.
L’editoria indipendente non ha timore di essere onesta e anzi scava nelle fessure sociali che in pochi hanno il coraggio di esplorare, perché quello che si può trovare può anche non essere gradevole.
Da oltre 10 anni nella città di Bergamo anni c’è CTRL, una delle cose più belle che potesse capitare a una piccola città ricca del nord Italia, dove per anni ha regnato un “vuoto di narrazione”, se non altro finché questo progetto è arrivato, raccontando ciò che loro stessi definiscono “ il sottosuolo”, l’interesse per il racconto di persone e luoghi fuori dai radar, senza i quali sarebbe impossibile avere la coscienza di chi siamo e dove stiamo andando.
Sebbene CTRL sia nato come piccolo magazine della città con consigli sugli eventi accompagnati da piccoli articoli (già allora singolari), oggi è un magazine online strutturato e arricchito da una produzione di libri di reportage narrativi che compongono una collana editoriale straordinaria, costituita da Trilogia Normalissima (composta a sua volta da Gli Ultrauomini, I Dimezzati e Gli Estinti), Un’Estate Fa ( collana di reportage fotografici in latta) e Stiamo Scomparendo, un viaggio dal Salento al Monte Rosa in cui la lingua madre non è l’italiano, accompagnato a sua volta da un reportage fotografico. Produzione notevole, non solo per ciò che contiene, ma anche per la scelta del layout, che fin dal primo giorno è curato da Studio Temp.
L’intervista che segue vuole raccontare la loro storia, ma è soprattutto un meraviglioso esempio di passione e infine una dichiarazione d’amore per la carta stampata.
Per quasi 10 anni avete stampato un magazine cartaceo, gratuito e tascabile, inizialmente distribuito solo nella città di Bergamo e poi in tutta Italia.
Oggi CTRL è molto di più: qual è stata la scintilla che ha dato inizio alla rivista, e come si è evoluta quell’idea originale negli anni?
La verità è che, quando è scoccata quella scintilla, ormai quasi 14 anni fa, io che rispondo qui, Nicola, non c’ero. Non ero ancora in CTRL. Di sicuro, però, c’era un gruppo di amici che voleva rompere l’impressione di immobilità che si respirava a Bergamo: città murata, forse anche e soprattutto nella narrazione che se ne faceva, e che ne facevano gli stessi abitanti. O forse era (è?) così anche nella realtà. Ma poi che cosa vuol dire realtà
Comunque, l’idea era fare emergere quello che si muoveva, vivissimo, nel sottosuolo. E nelle zone “fuori dai radar”.
In questo senso, a distanza di anni, ora che CTRL è tutt’altra cosa, riconosco una radice e una continuità. Raccontiamo ancora storie fuori dai radar. Lo facciamo con uno stile diverso, più maturo e consapevole, in una forma più complessa e definita, quella del reportage narrativo e fotografico. Siamo inseriti in un panorama nazionale. Ci muoviamo con meno ingenuità. Ma lo spirito, lo sguardo laterale sulla realtà, la voglia di sperimentare e rompere certi schematismi e automatismi sono gli stessi.
Quante persone lavorano al progetto e qual è l’età media?
Al momento siamo in quattro, nella redazione più ristretta: l’età media è tra i 30 e i 35 anni. Poi abbiamo una redazione più allargata: otto persone in tutto. E per ogni libro che produciamo sono sempre coinvolte almeno una quindicina/ventina di persone, tra autori, fotografi, grafici, eccetera. Insomma, CTRL è una serie di cerchi concentrici.
Cosa dovrebbe tenere a mente un editor responsabile, dotato di consapevolezza sociale, nel gestire un team e un progetto come CTRL?
Tantissime cose. Ma mi limito a una che, forse, ne comprende molte altre. Avere rispetto per chi leggerà i nostri libri e il nostro magazine online. Pensare che chi leggerà sia meglio di noi. Il resto viene di conseguenza.
I libri-reportage editi da CTRL Books affrontano temi che hanno un impatto importante sulla società nel complesso, innescando una riflessione più profonda sulla nostra epoca. La Trilogia normalissima che si è aperta con GLI ULTRAUOMINI, per esempio, racchiude dei reportage narrativi estremamente preziosi nella descrizione di una parte di società di cui nessuno ama parlare. Con essa avete scelto di dare voce a queste persone, perché?
L’interesse per il racconto di persone e i luoghi fuori dai radar, in primis, è stato molto istintivo. Era quella che ci piaceva fare. Poi siamo diventati più consapevoli. E ci siamo resi conto che c’è un pubblico, ci sono delle persone che sentivano un vuoto di narrazione che, in qualche modo, mai definitivo (naturalmente) stavamo andando a riempire.
A una cosa teniamo molto: non ci interessano le storie strane perché “sono strane” o perché – peggio – vogliamo “fare gli strani”. Crediamo che queste storie che restano a lato abbiano moltissimo da dire sul mondo in cui siamo immersi. E, soprattutto, è lo sguardo quello che conta per noi: si possono raccontare i cosiddetti centri del mondo (chissà che cosa sono?) con uno sguardo laterale, uno sguardo che non si limita a confermare la tua visione delle cose: la tua come autore o autrice, in primis; e la tua come lettore o lettrice, di conseguenza. Senza diventare troppo pomposi: è l’opposto di quello che fanno gli algoritmi oggi. E forse ce n’è bisogno.
La trilogia parla dell’interdipendenza tra gli esseri umani in modo delicato, mai accusatorio e leggendo le storie di queste persone non è possibile separare il rispetto per la propria umanità dal rispetto per l’umanità dei protagonisti, questo è proprio il motivo per cui trovo così interessante la vostra attività nel luogo in cui avviene. Come vi sentite in questo momento storico in Italia e in particolare in una città come Bergamo?
Ah, domanda complicatissima. Con il momento storico CTRL ha un rapporto conflittuale: ma è così – meglio, dovrebbe – per ogni redazione, rivista, casa editrice in tutti i tempi. Di sicuro non è un rapporto disperato né disperante. È contento di essere nato a Bergamo: è ancor più contento di sentirsi a casa propria, oggi, anche in molti luoghi fuori da Bergamo.
Quanto è importante per un progetto di editoria indipendente come il vostro partecipare a eventi come fiere o market e quanto è importante in generale per un progetto farsi conoscere anche fisicamente in contesti selezionati?
Per noi è fondamentale. Non è solo una questione economica. Forse l’opportunità più preziosa di fiere e market è l’incontro, di persona, con i lettori e le lettrici. So che suona un po’ retorico, ma è davvero così. Abbiamo capito moltissime cose relative ai nostri progetti proprio confrontandoci dal vivo con le persone. E abbiamo anche raccolto moltissime storie che poi abbiamo raccontato nei nostri libri.
E, spesso, ci si diverte.
Al momento quali sono i progetti editoriali che vi ispirano e perché?
Abbiamo un’anima ibrida, tra il giornalismo, la letteratura, la fotografia. Quindi guardiamo, ci facciamo ispirare e ci confrontiamo con progetti anche molto diversi tra loro.
Non mi metto a fare nomi, perché sicuramente, ogni membro della redazione, ne avrà qualche manciata.
Comunque, due nomi che ci piace citare, per affinità elettive, sono quelli della rivista francese XXI e di quella americana McSweeney’s. Dai, anche un terzo dal passato: Frigidaire.
Qual è l’ultimo progetto a cui avete lavorato?
Dopo la “Trilogia normalissima”, abbiamo lavorato a un progetto interamente fotografico: le Latte. Una collana di reportage fotografici, sempre fuori dai radar, inseriti dentro una latta. La prima uscita s’intitola “Un’estate fa”, ed è un viaggio collettivo, in Italia, di 21 fotografi.
Avete già in cantiere qualcosa che ci potete anticipare?
Non possiamo sbilanciarci tanto. Lo facciamo giusto un po’. Dovremmo uscire a maggio con un progetto a cui stiamo lavorando davvero da molto tempo. Un libro, che potrebbe essere l’inizio di un nuovo percorso, piuttosto vertiginoso. Come per la Trilogia, ci saranno diversi reportage narratii e un versante fotografico. Ma il tutto sarà legato e srotolato in maniera differente.
Ci sono delle persone con cui state collaborando che sono fondamentali alla riuscita di CTRL, insieme alle quali state creando un network molto forte?
Un nome su tutti: Studio Temp, lo studio grafico che ci segue dalla nostra nascita. E poi condividiamo spesso stand e tavoli di bar e ristoranti con la redazione di Quanto Magazine, della rivista 70 per cento, della casa editrice Utopia, della banda di fumettari di Čapek magazine. Un network di cui siamo particolarmente fieri è quello che abbiamo costruito, negli anni, con le circa 130 librerie indipendenti in cui siamo distribuiti oggi, senza intermediari.
Quale consiglio dareste a chi sta iniziando il vostro stesso percorso?
Iniziatelo. Non raccontatevi la storia che “basta l’entusiasmo”. E nemmeno quella opposta, per cui è tutta una questione di calcoli e obiettivi finali e step intermedi e prudenza. Mica siete un’azienda.
Come vi vedete tra 10 anni e qual è il goal massimo per CTRL?
Il goal massimo è riuscire a non ripetersi e a non sparire. E, nel caso, meglio sparire che ripetersi. Non è una massima di vita – che poi sarebbe imbarazzante chiudere l’intervista con una massima di vita – men che meno una qualche verità che si può estendere al mondo editoriale per intero. Anzi, nel mondo editoriale una certa dose di ripetitività è sana e sensata, contribuisce a formare delle identità. La mia non-massima, insomma, riguarda specificamente la natura stessa del progetto CTRL.