Riconnettersi alla natura con la tintura naturale
Cambiare il modo di tingere i vestiti per cambiare il modo di vedere il mondo.
Negli ultimi tempi, dai piccoli studi creativi indipendenti, i makers organizzano sempre più workshop e approfondimenti sulla tintura naturale, per un pubblico appassionato al mondo handmade e alle piante.
I partecipanti hanno la possibilità di acquisire una nuova tecnica, ma anche e soprattutto di riconnettersi con la natura, esplorando le complessità dell’indaco, sperimentando la moltitudine di coloranti naturali possibili e ampliando la conoscenza della flora locale.
I makers che si occupano di tintura naturale veicolano un messaggio che va al di là del prodotto, perché base della loro filosofia è l’impegno a realizzare senza sprechi, lavorando quindi con molta cura nella ricerca dei materiali, dai fili organici ai fiori nostrani, ai tessuti biologici e naturali.
Dal loro laboratorio cercano di contribuire al mondo, allontanandosi dal materialismo e dando valore alla qualità e al tempo.
Ai nostri occhi questo è l’incarnazione dell’artigianato consapevole, così vi raccontiamo di una tecnica che è nata per necessità e a cui ora vi è la necessità di tornare.
Inizialmente tutti gli indumenti avevano il colore conferitogli dalle fibre naturali di cui erano realizzati, ma la natura creativa e osservatrice dell’uomo fece maturare in lui l’idea di indossare gli straordinari colori del mondo che lo circondava. Iniziò così la sua esperienza di sperimentazione con la tintura dei tessuti ispirata alla natura.
In passato le competenze tecniche e le materie prime a disposizione rendevano l’operazione di fabbricare abiti alla moda estremamente difficile e soprattutto costosa, così il colore assunse significati simbolici, evocando i meriti spirituali e soprattutto economici di chi li portava.
Nel Rinascimento per esempio solo i nobili potevano indossare il rosso porpora, mentre i mercanti facevano sfoggio della propria ricchezza con abiti verdi, costosissimi, poiché richiedevano due diverse tinte, il giallo e il blu, per essere realizzati.
Per 4000 anni l’uomo ha sperimentato innumerevoli metodi per estrarre i pigmenti dagli elementi naturali e in ogni parte del mondo ogni cultura ha tramandato i segreti delle proprie tecniche tradizionali per tingere i tessuti.
Tutto questo incredibile patrimonio di conoscenze è stato oscurato dall’invenzione di William Henry Perkins che nel 1856 scoprì i colori sintetici. Fu una vera rivoluzione, perché questi nuovi colori erano più veloci e facili da utilizzare, assicuravano una colorazione più omogenea e soprattutto erano molto più economici, rendendo l’acquisto di capi colorati in un certo senso più “democratico”.
Da allora però il mondo è cambiato, è cambiata la società ed è cambiato anche notevolmente il modo di produrre. Molti di noi hanno compreso che acquistare un capo a prezzi bassissimi ha poco o niente di democratico e che avere un armadio colmo di abiti di bassa qualità non porta felicità.
La consapevolezza di cosa significa comprare vestiti della Fast Fashion Industry ha portato molti consumatori e produttori a fare e farsi domande sui processi produttivi, sul loro impatto sulla vita dei lavoratori e sull’ambiente e a valutare le conseguenze delle proprie scelte di acquisto.
Proprio questa consapevolezza ha spinto molti giovani creativi a riscoprire le tecniche di colorazione naturale riportando alla luce tutta la bellezza e la poesia di questa tecnica, facendoci riscoprire un modo diverso di “vedere” i colori.
Nella lavorazione sintetica i colori sono dei codici, formule da creare artificialmente, mentre nella tintura naturale il colore è qualcosa di intrinsecamente connaturato all’oggetto che lo possiede.
Per le culture sud americane estrarre il pigmento dalle piante, dalle rocce, dagli insetti vuol dire estrarne il cuore e l’essenza, creando un legame fortissimo tra chi indossa un vestito colorato e la Natura, vera fonte di felicità e protezione per l’uomo che così la porta sempre con sé.